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sindacati

Unione sindacale It. Marina e Finanzieri: possibile libera professione non solo ai medici militari

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Il segretario gen. Francesco Nastasia dell’USIM  (Unione Sindacale Italiana Marina) e il segr. gen. Vincenzo Piscozzo dell’USIF  (Unione Sindacale Italiana Finanzieri) ringraziano il presidente della I Commissione Affari Costituzionali, on. Nazario Pagano, e il presidente della IV Commissione Difesa, on. Antonino Minardo, per l’occasione concessa di fornire un proprio contributo scritto nell’ambito dell’esame del disegno di legge riguardante le misure in materia di ordinamento, organizzazione e funzionamento delle Forze di polizia, delle Forze armate nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

L’USIM e l’USIF hanno apprezzato l’impegno del legislatore a recepire l’orientamento della Corte Costituzionale, espresso con la sentenza 5 aprile – 18 maggio 2023, n. 98, la quale riconosce l’illegittimità costituzionale dell’art. 210, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella parte in cui non contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali.

L’Unione Sindacale Italiana Marina e l’Unione Sindacale Italiana Finanzieri, auspicano, però, un’estensione dell’applicazione della norma sull’autorizzazione all’esercizio della libera professione non solo agli psicologi, in questo caso della Polizia di Stato, ma anche ai professionisti sanitari militari non medici della Marina Militare, dell’Esercito, dell’Aeronautica Militare, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

L’autorizzazione all’esercizio della libera professione anche ai professionisti sanitari militari non medici sarebbe comunque condizionata al necessario assenso dell’Amministrazione di appartenenza, nel pieno rispetto delle condizioni previste dalla legge e delle concrete esigenze del corpo di appartenenza del militare. L’attuale disparità di trattamento genera una sperequazione, con inevitabili potenziali contenziosi, soprattutto se si considera che il personale sanitario militare, indipendentemente dal ruolo o grado ricoperto, è obbligato per legge all’iscrizione ai relativi ordini professionali per l’esercizio della propria professione.

Antonio Biella