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Utin declassata: quali soluzioni e in quali tempi?

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Nota del presidente della Fondazione Giorgio Di Ponzio, Carla Luccarelli, sulla questione della Terapia Intensiva Neonatale (Utin), di Taranto

Sulla questione UTIN, Unità di Terapia Intensiva Neonatale, sollevata in questi giorni, si è sviluppato un vivace, quanto scomposto, dibattito politico alimentato, purtroppo, dalla circostanza delle imminenti elezioni per il rinnovo del consiglio regionale.

Riteniamo assolutamente censurabile, da qualunque parte provenga, sfruttare ai fini propagandistici la salute dei cittadini, e in questo caso addirittura quella dei neonati! Ciò premesso riteniamo che la questione non sia derubricabile ad una mera disquisizione di natura semantica sul termine “chiusura”.

Restando ai fatti, leggiamo la nota ufficiale dell’Asl di Taranto: “Proprio per questo la Direzione Sanitaria della ASL Taranto, a fronte di una riduzione delle risorse mediche nella UOC Terapia Intensiva Neonatale UTIN, si è attivata individuando una serie di azioni al fine di garantire in ogni caso la cura e la sicurezza dei neonati.

Per prima cosa saranno individuati e modulati dei percorsi assistenziali e formativi adeguati ai setting assistenziali necessari: i medici dell’UTIN saranno supportati dalle Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia e di Anestesia, al fine di garantire le migliori cure ai bambini e alle bambine appena nati.

In seconda istanza, per i casi più complicati, sarà attivato lo STEN, il sistema di trasporto in emergenza del neonato, già attivo a livello regionale: grazie all’intervento di modernissime ambulanze, dotate di incubatrici di trasporto e di tutte le attrezzature necessarie, i neonati che necessitano di un livello di cura maggiore, saranno trasferiti in sicurezza e accompagnati da personale specializzato presso il Policlinico di Bari, dove potranno ricevere le cure degli specialisti più esperti sul campo.

” Dunque l’UTIN non chiude ma è comunque  declassata. Questo vuol dire che tutti i neonati con meno di 32-34 settimane di età gestazionale verranno trasferiti nel centro hub, ovvero a Bari, e il disagio sarà grandissimo. Qualcuno parla di 4 casi l’anno.

A noi risultano molti di più, ma fosse anche uno solo non cambiano i termini della questione. C’è un problema generale, di livello nazionale, che riguarda la programmazione e le difficoltà ben note che attengono alle specializzazioni. Ma detto questo, non è possibile che una delle più importanti realtà del Paese (non si dice che Taranto sia fondamentale per gli asset industriali e il PIL nazionale?) continui a subire tagli e declassamenti, laddove invece, proprio in considerazione del grave quadro epidemiologico che riguarda particolarmente l’infanzia, richiede l’implementazione di reparti e soprattutto di personale.

Siamo fermamente convinti che il dott. Cecinati, a cui è stato affidato l’interim, e tutto il personale medico e paramedico, sapranno assicurare il massimo dell’assistenza ai piccoli pazienti, ma insieme alla qualità, indiscutibile, occorre la quantità commisurata alle reali esigenze del territorio. Possiamo accogliere la riorganizzazione annunciata dall’ ASL come un rimedio emergenziale ad una situazione contingente, temporanea.

Ma occorrono soluzioni strutturali; chi ha la responsabilità delle scelte di politica sanitaria dica con chiarezza come e in che tempi l’Utin tornerà alla sua piena funzionalità, e, più in generale, quando si risolverà la questione delle piante organiche. Basta con la subalternità di Taranto, basta con la riduzione dei servizi, basta con la “emigrazione sanitaria”.