DAL PAPA STOP AI GAY IN SEMINARIO
Da “Chi sono io per giudicare un gay” a un più preoccupato appello ai vescovi”Se avete anche il minimo dubbio che un giovane sia omosessuale, meglio non farlo entrare in seminario”. La seconda frase è più recente, pronunciata lunedì 21 maggio alla Conferenza dei vescovi italiani (Cei). Più oltre avrebbe anche aggiunto: “Abbiamo affrontato la pedofilia, ora prepariamoci ad affrontare anche questo problema”. Per il momento, le tante associazioni che “pubblicizzano” l’omosessualità, tacciono sgomente. (Nella foto i pretini di Nino Caffè).
ED IO CHE IGNORAVO PHILIP ROTH…!
L’altra mattina è stato un diluvio comunicativo: i telegiornali annunciavano a ripetizione che era morto, a 85 anni, lo scrittore americano Philip Roth, già Premio Pulitzer, mancato premio Nobel. E la notizia campeggiava su tutti i quotidiani. Confesso di non aver mai letto un suo libro. Spulciando qui e là per informarmi e tentare di colmare la grave lacuna, ho letto questo suo scritto tratto da “Lamento di Portnoy” – 1969 (chiedo perdono alle signore e a tutte le persone sensibili per questo testo così orripilante): “Durante una gita del nostro gruppetto familiare estrassi il torsolo di una mela, notai stupito (e sull’onda della mia ossessione) a cosa somigliava, e corsi nella boscaglia per stendermi sull’orifizio del frutto, fantasticando che quel forame fresco e farinoso si trovasse in realtà ubicato tra le cosce della mitica entità che mi chiamava sempre Maschione, quando pietiva qualcosa che nessuna ragazza nell’arco della storia aveva mai ricevuto. “Ah, Maschione, ficcamelo dentro” rantolava la mela cavata che mi sbattei come uno scemo durante quel picnic. “Maschìone, Maschione, sí, dammelo tutto” implorava la bottiglia vuota del latte che tenevo nascosta in un ripostiglio del seminterrato, da infilare vigorosamente dopo la scuola con il mio pinnacolo invaselinato. “Vieni, Maschione, vieni” gridava impazzita la bistecca di fegato che, nella mia insania, avevo comprato un pomeriggio dal macellaio e, ci creda o no, violentato dietro un cartellone mentre andavo a lezione». E poi ho letto quest’altra citazione: “Quando la gente smetterà di credere in Dio, il mondo diventerà finalmente un posto migliore”. Ci crediate o no, mi è passata la voglia di approfondire la conoscenza di questo “gigante della letteratura mondiale”.
PRESIDE’, LASCI STARE EINAUDI…
Luigi Enaudi, il grande presidente liberale degli albori della nostra Repubblica, è stato recentemente citato dal presidente Mattarella per minacciare Di Maio e Salvini: “Il presidente della Repubblica non è un semplice notaio”. Una citazione impegnativa, precisa in un articolo Carla Ceretelli, perché Einaudi era Einaudi, e Mattarella…non è Einaudi. La giornalista ricorda che il secondo presidente della Repubblica ebbe il coraggio (addirittura!) di dichiarare pubblicamente la sua preferenza per la monarchia sul quotidiano L’Opinione, in un articolo a quattro colonne dal titolo “Perché voterò per la monarchia”. E poi, da liberale – ricorda sempre la Ceretelli – affermò che “La frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finchè le leggi tributarie rimarranno vessatorie e pesantissime e finchè le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco”. Capito che tempra? Mattarella studi meglio cosa e soprattutto chi citare.
RIECCO IL… BAGAGLINO
Ottanta giorni dopo il voto, l’ipotetica alleanza giallo-verde trova finalmente un candidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, il prof. Avv. Giuseppe Conte. Questi, uscendo dal Quirinale con l’incarico, dichiara: “Ho difeso tante persone, ora diventerò l’avvocato di tutti gli italiani”. Non finisce di pronunciare questa frase, che il redivivo Matteo Renzi, l’uomo che si è tanto adoperato per distruggere l’Italia, che è riuscito a distruggere definitivamente il Pd e l’intera sinistra, ed è riuscito a convincere il popolo che era meglio persino il M5s di lui e del suo “giglio magico”; Renzi, dicevo, ha dichiarato:”Se Conte sarà l’avvocato difensore, noi ci costituiremo parte civile”. Risate, applausi, l’orchestra intona un can-can e sul palco escono saltellando le ballerine. La politica è morta, ma il Bagaglino è più vivo che mai.
Antonio Biella